Gasparri invoca scioglimento Comune per mafia. Tensioni fra Leccese (Pd) Laforgia (M5S-Si)
Bari, 8 giu. (askanews) – Alla fine è sceso in campo Maurizio Gasparri: il presidente dei senatori di Forza Italia ha provato a rilanciare sulle inchieste giudiziarie che hanno terremotato Bari e la Regione Puglia, investendo prevalentemente l’area delle liste civiche di centrosinistra vicine al sindaco uscente Antonio Decaro e al “governatore” Michele Emiliano. Il capogruppo azzurro ha invocato “una attenzione più approfondita da parte della magistratura” sui due amministratori pugliesi e si è spinto fino a prevedere “decisioni drastiche che appaiono inevitabili” da parte della commissione d’accesso insediata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e che dovrà valutare se proporre al Governo di sciogliere per mafia il Comune capoluogo della Regione.
Un “fallo di reazione” dopo che lo stesso Decaro, nel comizio con la segretaria del Pd Elly Schlein e il candidato sindaco dem Vito Leccese, aveva accusato gli esponenti delle destre di essere “come la mafia, senza coraggio” perché non avrebbero il fegato di spiegare ai baresi che la loro città è mafiosa. “Sapevamo dal primo momento che l’istituzione della commissione di accesso era una decisione politicizzata, ma nonostante questo il centrodestra a Bari perderà di nuovo”, è stata la secca replica di Leccese a Gasparri.
A Bari, da vent’anni governata dal centrosinistra (la Regione da diciannove) i candidati sindaci sono formalmente cinque, ma secondo i sondaggi dei mesi scorsi solo tre sono realmente in corsa: Leccese, negli ultimi decenni braccio destro con incarichi dirigenziali tanto dell’allora sindaco Emiliano quanto di Decaro, il suo rivale “civico” di centrosinistra Michele Laforgia e il consigliere regionale leghista Fabio Romito. Poche speranze di successo per gli “alternativi” Michele Sciacovelli e Sabino Mangano. Matteo Salvini, a Bari qualche giorno fa per un comizio elettorale, ha lanciato un appello a fare “l’ultimo sforzo” per consentire al suo collega di partito di arrivare al ballottaggio “al primo posto”: segno che, nonostante la martellante campagna di Romito sulla “sicurezza urbana” e sulla necessità di una “nuova stagione” dopo vent’anni di centrosinistra, tutto sommato nessuno, nell’area della maggioranza che a Roma sorregge il governo nazionale, coltiva sogni di gloria per il primo turno in programma sabato e domenica. Si punta piuttosto alla speranza che nel ballottaggio prevalgano le divisioni a sinistra.
La città adriatica, in effetti, ha rappresentato in questa tornata delle elezioni amministrative uno dei punti di crisi del “campo largo” e dei rapporti fra il Movimento 5 stelle, che sostiene Laforgia insieme a Sinistra italiana, e il Pd che sta con Leccese, con tutto il peso del sempre popolarissimo sindaco uscente, ora in corsa per le europee (c’è perfino una lista che si chiama Decaro per Bari, a testimonianza del valore del brand). Fu proprio il leader del M5S Giuseppe Conte, in una sfida aperta al Nazareno, ad appoggiare Laforgia nel “no” in extremis alle primarie di centrosinistra del 7 aprile scorso, dopo che le inchieste giudiziarie avevano acceso un faro su pratiche opache di voti comprati e venduti da parte di alcune forze civiche che sarebbero state coinvolte nella consultazione. Anzi, per i suoi rivali/alleati democratici la decisione l’avrebbe addirittura presa lui, anche se non è un segreto che negli ambienti vicini a Laforgia la decisione di svolgere le primarie fosse stata più subita che gradita.
E in effetti è proprio lo scontro fra i due sfidanti più o meno “di sinistra” l’incognita più rilevante del voto barese. I due hanno sparato le ultima cartucce di campagna elettorale, promettendo l’uno (Leccese) un “sindaco della notte” per risolvere i problemi della movida, molto sentiti dopo la trasformazione turistica che il capoluogo pugliese ha vissuto in questi anni, l’altro (Laforgia) un “reddito minimo comunale” per sostenere quattromila nuclei familiari in difficoltà; e anche la rinuncia, molto in stile M5S, all’aumento di stipendio recentemente conquistato dai sindaci di tutta Italia. Benché Laforgia e Leccese, dopo la rottura di aprile, si siano promessi reciproco sostegno in un eventuale ballottaggio contro il candidato delle destre, nelle ultime giornate di campagna elettorale non sono mancati gli scontri anche feroci fra i due. In particolare quando Laforgia, chiedendo agli elettori di puntare su un profondo rinnovamento e al centrosinistra di cambiare metodo nelle nomine pubbliche, ha ricordato la presenza in città della “commissione d’accesso” ministeriale; una “minaccia” secondo Leccese, che ha parlato di “manganello”, paragonando Laforgia a Gasparri. Una presa di distanze, dice un osservatore di grande esperienza che appartiene al campo di Laforgia, forse mirata a evitare negoziati sulle poltrone in caso di ballottaggio: meglio incassare il sostegno “naturale” degli elettori che dover fare i conti con i costi di un apparentamento formale.
Quasi a confermare il clima tutt’altro che idilliaco fra le due ali di una possibile alleanza al secondo turno, nel corso di un confronto organizzato dalle testate locali Gazzetta del Mezzogiorno e Telebari, a tutti i candidati per la poltrona di primo cittadino è stato chiesto a chi consegnerebbero un attestato di stima fra gli esponenti, locali o nazionali “dello schieramento avverso”. Laforgia è uscito dall’ambito strettamente politico scegliendo un “intellettuale” come Pietrangelo Buttafuoco. Il leghista Romito ha sorpreso tutti citando l’ex presidente pugliese Nichi Vendola (attualmente presidente di Sinistra italiana e primo sponsor di Laforgia). Gelo in sala e plateali gesti di sconforto da parte dello stesso Laforgia quando Leccese ha citato proprio il suo rivale di sinistra come stimato esponente “dello schieramento avverso”. “Beh, per adesso…”, ha corretto il tiro il candidato del Pd. La parola agli elettori, e poi, se le urne andranno secondo le previsioni e sarà necessario un ballottaggio per scegliere l’erede di Decaro, la parola dovrà necessariamente passare a sarti abili per ricucire i troppi strappi nella tela della possibile alleanza.